Vendere senza venditori
Vivremo una vita più felice senza nessuno che vende ma solo con molti che comprano?
La vendita può senz’altro definirsi una delle più antiche attività umane, contendendosi il primato con la prostituzione con cui ha numerose e interessanti analogie che però non approfondiremo in questo contesto.
Da quando l’uomo è diventato essere sociale, uscendo dalle caverne e creando piccoli gruppi familiari, tribù e comunità, ha avuto la possibilità di specializzarsi (chi coltivava, chi cacciava, chi tesseva filati o forgiava metalli, chi accudiva la prole) e di barattare il frutto del suo lavoro con altri beni e servizi per lui egualmente importanti.
Lo scambio, il “baratto”, ha consentito la specializzazione delle attività, il miglioramento della qualità della vita, il valore della socialità e della forza del gruppo sul singolo. Ma, ancor più importante, ha dato al singolo individuo con il suo lavoro, un valore e un ruolo nella comunità.
E allora perché, partendo da presupposti così nobili, la figura del venditore è stata per molto tempo svilita, sottovalutata e vista con sospetto?
Non ho la presunzione di avere una risposta completa ma forse i motivi vanno cercati anche nell’evoluzione del modello economico e nel passaggio da un’economia diretta, che definirei “artigianale” – dove ciascuno cedeva le proprie ore di lavoro, concretizzate nel prodotto – alla produzione industriale, con surplus produttivi che non trovano sbocco in una domanda naturale ma hanno la necessità di creare una domanda “forzata, fittizia” e che, anche attraverso venditori professionisti ingaggiati dalle aziende per vendere a “qualsiasi costo”, devono trovare più clienti possibili. Il venditore era quella zanzara insistente che toglie il sonno nelle piacevoli sere d’estate.
Ma in tempi più recenti, a partire dal “Carosello”, passando per le tv Berlusconiane, le aziende hanno capito che alla fine le zanzariere avrebbero avuto la meglio sulle zanzare e attraverso studi sociologici e antropologici hanno capito che non era il prodotto che doveva essere venduto al cliente, ma doveva essere il cliente a voler assolutamente possedere quel prodotto. È la nascita delle strategie di marketing, della pubblicità, della forza del brand. Sono i meravigliosi anni da bere! Tutti oggi abbiamo piacere a comprare prodotti (per alcuni lo shopping è terapeutico) che casualmente ci vengono fatti apparire nei più diversi contesti (web, social, eventi, influencer, testimonial, referenze) senza mai dirci – ORRORE !! – che ce li vogliono vendere, perché così tutta la quotidiana dorata festa di Natale diventerebbe quaresima.
E i venditori in tutto questo dove sono finiti? Il venditore vive dell’effetto alone creato dalle aziende brandizzate e aspetta a braccia aperte il cliente, esclusivo e selezionato, in scintillanti showroom.
E per i venditori meno fortunati, che non dispongono di brand così forti, ecco un altro colpo di genio del marketing: trasformati da zanzare nocive a istruiti grilli parlanti, da venditore a consulente.
Cosa c’è di meglio che ricevere la visita di un consulente? Il tempo per una consulenza si trova sempre.
Basta che non si accorgano che il consulente/venditore è prezzolato da un’azienda che lo aspetta in sede con un bel contratto firmato e non con una consulenza imparziale. Così è il marketing baby!
E ora che i venditori sono diventati tutti consulenti chi venderà i prodotti non brandizzati, non pubblicizzati, non status symbol? Tranquilli! Ci penserà l’Intelligenza Artificiale con i suoi algoritmi, la sua velocità nell’analizzare i trend di vendita e le nuove tendenze di consumo.
E il vecchio venditore? Quello che con ogni tempo, pioggia, neve, caldo africano, code, telefoni gracchianti, segretarie scortesi, appuntamenti annullati, budget da raggiungere, ogni giorno si alzava motivandosi per incontrare un cliente, creare una nuova opportunità e fantasticare su un grande contratto?
Forse sarà al bar a chiacchierare con l’ultimo cliente rimasto e a raccontarsi quanto era bello trovarsi a discutere sul prezzo e litigare per un contratto e alla fine chiuderlo, fidandosi l’uno dell’altro.
Perché in fondo lui (io, il venditore), ci credeva davvero nelle relazioni e quel cliente alla fine, nonostante tutto, gli era diventato pure simpatico. Ah, dimenticavo… questo articolo è stato scritto dopo aver consultato l’AI sul tema e aver deciso che, per quest’ultima volta, se ne poteva fare a meno.
Come è cambiato e come cambierà la vendita nel prossimo futuro
Il ruolo del venditore negli ultimi 50 anni ha subito trasformazioni profonde. Negli anni ’70 e ’80, il venditore era l’unico punto di contatto tra il cliente e l’azienda: la sua figura era spesso percepita come l’ambasciatore dei prodotti e servizi offerti, con una capacità di persuasione che rappresentava la principale leva per concludere una vendita. Con il tempo, però, l’evoluzione delle tecnologie e le nuove esigenze dei consumatori hanno cambiato radicalmente questa professione, fino a renderla quasi irriconoscibile rispetto al passato. E con l’avvento dell’intelligenza artificiale, il futuro appare ancora più affascinante e, per certi versi, complesso.
1. L’epoca d’oro del venditore tradizionale: il venditore deve persuadere Negli anni ’70 e ’80, il venditore era una figura carismatica, dotata di ottime capacità di comunicazione e doti persuasive. La maggior parte delle vendite avveniva porta a porta, nei negozi o tramite appuntamenti aziendali, e i venditori passavano gran parte del loro tempo costruendo relazioni faccia a faccia. L’obiettivo era entrare in empatia con il cliente, capirne i bisogni e offrire soluzioni personalizzate.
La preparazione sui prodotti era fondamentale, ma la chiave del successo risiedeva principalmente nella capacità di leggere le persone e comprendere le loro reazioni. Ad esempio un rappresentante di aspirapolvere che bussava alla porta di una casalinga negli anni ’70 doveva essere capace nell’attirare l’attenzione, magari con una dimostrazione pratica, mostrando l’efficacia del prodotto in tempo reale. Era fondamentale saper costruire un rapporto di fiducia con il cliente, che spesso portava alla conclusione della vendita grazie a questa interazione diretta e personalizzata.
2. La digitalizzazione e l’era dell’informazione: il venditore come consulente
Con l’arrivo degli anni 2000, la digitalizzazione ha rivoluzionato il modo in cui le persone cercavano informazioni sui prodotti. Internet ha trasformato il cliente in un consumatore più consapevole e informato, capace di confrontarsi e raccogliere informazioni in modo autonomo. Di conseguenza, il venditore ha dovuto adattarsi a un ruolo meno centrato sulla pura vendita e più focalizzato sul supporto informativo e consultivo.
In questo nuovo scenario, il venditore ha assunto il ruolo di consulente, guidando il cliente nell’analisi delle informazioni disponibili e intervenire a prendere una decisione consapevole. La trasparenza e la competenza specifica sono diventate essenziali. Inoltre, sono emerse nuove piattaforme di comunicazione come le email e i social media, che hanno richiesto al venditore di sviluppare competenze digitali e di gestire il proprio tempo tra diverse attività e canali.
Pensiamo a un consulente di telefonia che nel 2010 risponde a un cliente che ha già fatto molte ricerche online. In questo caso, il venditore non è più un persuadere puro, ma piuttosto una guida che illustra le differenze tra le varie opzioni di piani tariffari e smartphone, basandosi sulle esigenze specifiche del cliente, e aiutandolo a interpretare le informazioni tecniche.
3.L’evoluzione odierna: venditori supportati dalla tecnologia
Oggi, il venditore ha a disposizione strumenti digitali sempre più avanzati, come i CRM (Customer Relationship Management), le piattaforme di marketing automation e i software di analisi predittiva. Questi strumenti consentono di raccogliere e analizzare i dati sui clienti, personalizzando in modo accurato l’approccio di vendita e rendendolo più mirato.
La competenza tecnica del venditore diventa fondamentale, poiché la vendita è sempre più integrata con il marketing e la gestione dei dati. Ad esempio, molti venditori di oggi utilizzano algoritmi di analisi predittiva per anticipare le esigenze dei clienti in base ai loro comportamenti di acquisto precedenti. Grazie a questi strumenti, è possibile offrire soluzioni personalizzate con una precisione mai vista prima. La figura del venditore diventa quindi quella di un esperto che sfrutta i dati per migliorare l’esperienza del cliente.
Un venditore di automobili oggi utilizza un CRM per vedere la preferenza di un cliente sulla base delle interazioni precedenti e suggerire modelli specifici o promozioni in linea con i suoi gusti. Grazie a questi dati, il venditore è in grado di fornire un’esperienza personalizzata, con vantaggi sia per il cliente che per l’azienda.
4.Verso il futuro: il venditore come “stratega tecnologico”
Si prevede che, nei prossimi anni, il venditore diventerà sempre più uno “stratega tecnologico”, in grado di interpretare i dati forniti dall’IA per sviluppare una strategia di vendita flessibile e centrata sul cliente.
Il venditore sarà chiamato a combinare competenze tecnologiche con capacità interpersonali, sfruttando le potenzialità dell’IA per rispondere in modo creativo e adattabile alle esigenze dei clienti. L’IA sarà un supporto, ma il tocco umano e la comprensione empatica rimarranno fondamentali per creare una vera connessione.
In sintesi, il ruolo del venditore è passato dall’essere un persuasore, a un consulente informato, fino a un esperto di tecnologia che opera al fianco dell’IA. Il futuro riserva un equilibrio sempre più stretto tra uomo e macchina, in cui l’intelligenza artificiale non si sostituirà, ma potenzierà il ruolo del venditore, rendendolo sempre più mirato e incentrato sull’esperienza del cliente.
Articolo a cura di Carlo Bianchi