Marketing Crime Scene: gli errori “fatali” che ogni brand dovrebbe temere!
Marketing Crime Scene: gli errori “fatali” che ogni brand dovrebbe temere! Lezioni preziose di marchi che sono inciampati sul tappeto rosso del marketing Vi siete mai chiesti come una campagna di marketing possa trasformarsi in un disastro tanto epico da diventare un esempio di cosa non fare, un “case study” studiato nelle aule universitarie e raccontato nei corridoi delle aziende? Quando si investe in una campagna pubblicitaria, le aspettative sono alte: aumentare le vendite, fare il colpo grosso con una trovata memorabile, conquistare nuovi clienti e fare breccia nel cuore del pubblico. Eppure, in una manciata di secondi, il sogno si può infrangere. Non solo l’idea non piace, ma diventa il perfetto esempio di come si possa fallire, e fallire alla grande. Oggi il marketing si muove in un ambiente iper-connesso: il feedback arriva in tempo reale e la rete non perdona. Se negli anni passati gli errori di comunicazione rimanevano nascosti o comunque gestibili, oggi un passo falso può diventare virale e provocare danni inimmaginabili. I social media, la stampa, perfino i fan più accaniti: nessuno aspetta altro che la prossima “gaffe” per criticare, fare ironia, creare meme o peggio ancora, disamorarsi del brand. Ma come si arriva a un errore così clamoroso? Come si passa da una “grande idea” a un fallimento su larga scala? E soprattutto, cosa possiamo imparare da questi “epic fail”? Dai fraintendimenti culturali ai messaggi fuori luogo, dalle campagne non inclini a cogliere le sensibilità sociali a quelle che rischiano di scivolare in stereotipi sgradevoli: ogni caso ha una sua storia e una sua lezione preziosa. Pepsi 2017: quando una lattina non basta a salvare il mondo (anche se ci provi con una Jenner) Nel 2017, Pepsi aveva in mente il colpo del secolo: creare una campagna che parlasse di unione, uguaglianza e inclusività. Voleva toccare i temi sociali più sentiti dai giovani, avvicinarsi a quel pubblico di ventenni attenti e ribelli con un messaggio forte e “moderno”. E cosa c’è di meglio per comunicare ai giovani di una delle influencer più seguite di sempre, Kendall Jenner? Con milioni di follower a fare il tifo per lei, Kendall incarnava perfettamente la gioventù pronta a rompere le barriere (e magari a sorseggiare una Pepsi mentre ci provava). Lo spot mostrava Jenner che, lasciando un set fotografico, decide di unirsi a una protesta pacifica, finché – momento clou – offre una Pepsi a un poliziotto. Pace e armonia con una lattina, messaggio servito! Ma siamo nel pieno di anni in cui movimenti come il Black Lives Matter stanno guadagnando forza globale, portando in primo piano temi di giustizia sociale, proteste contro la brutalità della polizia e il razzismo sistemico. E così, anziché sembrare un messaggio di unione, quel semplice gesto di offrire una bibita è sembrato riduttivo, persino offensivo. Cosa non ha funzionato? Tutto o quasi. La campagna si è trasformata in uno dei peggiori flop pubblicitari degli ultimi anni. E no, non perché a qualcuno non piacesse Kendall. Il problema è che presentare una protesta come una scena glamour ha fatto storcere il naso al pubblico (e tanto). Ma non è finita qui: quello che voleva essere un messaggio di empatia e solidarietà sociale, è apparso come un’azione da manuale di “pubblicità superficiale”. Insomma, risolvere conflitti sociali reali e complessi con una bibita è stato percepito come banalizzante, al limite dell’offensivo. Sui social si è scatenata la tempesta: migliaia di commenti tra ironia, sdegno e battute sul magico “potere” della Pepsi. La lezione? Capire il contesto è essenziale, specie quando si tratta di temi delicati e socialmente rilevanti. Se vuoi davvero “essere nella conversazione” e coinvolgere il pubblico, devi fare molto di più che un semplice casting e un bel video. Quindi, sì, un pizzico di realtà in più e un po’ meno marketing patinato avrebbero fatto bene allo spot… e alla reputazione di Pepsi. Pandora 2017: stereotipi e maschilismo anacronistico “Un ferro da stiro, un pigiama, un grembiule, un bracciale Pandora. Indovina quale la farà felice?” Se questa domanda ti suona come un’eco di un’epoca passata, hai colto nel segno. Parliamo della famigerata campagna natalizia di Pandora del 2017, un vero e proprio buco nell’acqua comunicativo. Cosa non ha funzionato? Il poster affisso nella Metro di Milano ha suscitato un vera e propria valanga di polemiche. Non è stata solo un’uscita infelice, ma un messaggio che ha scatenato rivolte al grido di “Ma davvero? Ancora con questi stereotipi?”. In un’epoca in cui le donne lottano quotidianamente per la parità di genere, una campagna di questo tipo risulta fuori tempo di almeno cinquant’anni! Pandora ha cercato di difendersi, sostenendo che il messaggio fosse solo un modo “giocoso” di strizzare l’occhio agli stereotipi. Ironia? Sì, ma più simile a un colpo di frusta che ha colpito il brand stesso, ridicolizzando un tentativo di leggerezza. Nonostante i 14 milioni di utenti raggiunti, i risultati sono stati disastrosi. E la gestione della crisi? Una generale confusione: invece di dialogare con il pubblico, Pandora ha scelto di “spiegare” il suo punto di vista, ignorando completamente le reali sensibilità dell’utente. La lezione? Quando si gioca con l’ironia, bisogna essere più consapevoli del contesto. Un passo falso può avere effetti catastrofici. Pandora ha dimostrato che una maggiore attenzione nella creazione dei messaggi e una comunicazione più sensibile sono essenziali per evitare simili gaffe in futuro. Insomma, in un mondo che cambia, è meglio non restare ancorati a idee che sono già andate in pensione! Heineken 2018: il peso delle parole (perché non sempre “lighter” è meglio!) Nel 2018, Heineken decide di promuovere una nuova linea di birre a basso contenuto calorico. Sulla carta, un’idea brillante! Tuttavia, lo spot lanciato ha rapidamente guadagnato fama mondiale, ma non per i motivi sperati. In una scena dello spot pubblicitario, un bartender fa scivolare una bottiglia lungo un bancone, passando davanti a diverse persone di colore, per fermarsi trionfalmente davanti a una donna con la pelle chiara. Il messaggio? “Sometimes, Lighter Is Better”. Geniale, vero? Cosa non ha funzionato? Ebbene, qui le cose si